Chi aiuta...a volte anche troppo
La storia di ognuno di noi ci porta ad essere quello che oggi siamo. 🌲
Magari persone che dedicano la loro intera vita ad aiutare gli altri, a chi è in difficoltà in quel momento. Che non resistono all'istinto di farsi in quattro per risolvere i problemi altrui, che si fanno sempre carico del benessere degli altri (a volte fino addirittura a dimenticarsi del proprio).
Persone così spesso fanno di questa "missione" il loro lavoro: scelgono di diventare psicologi, medici, infermieri, o altre professioni di aiuto.
Ti riconosci?
O forse rivedi in questo una persona che conosci?
La storia di ognuno di noi ci porta ad essere quello che oggi siamo. 🌲
Magari persone che dedicano la loro intera vita ad aiutare gli altri, a chi è in difficoltà in quel momento. Che non resistono all'istinto di farsi in quattro per risolvere i problemi altrui, che si fanno sempre carico del benessere degli altri (a volte fino addirittura a dimenticarsi del proprio).
Persone così spesso fanno di questa "missione" il loro lavoro: scelgono di diventare psicologi, medici, infermieri, o altre professioni di aiuto.
Ti riconosci?
O forse rivedi in questo una persona che conosci?
➖In gergo comune si dice che hanno la "sindrome da crocerossina": vivono come su una croce rossa, sempre pronti ad intervenire quando suona qualche allarme.
➖In gergo psicologico si usa dire "accudimento compulsivo", ma il succo non cambia.
Si acquisisce questo tratto perché probabilmente da bambini si è dovuti diventare adulti un po' alla svelta, oppure ci si è dovuti occupare di un genitore bisognoso (fisicamente o psicologicamente).
⏩Essere di aiuto a qualcuno è stato fin da piccoli fonte di gratificazione, per sè stessi e per gli altri. Da grandi ci si sente quindi belli comodi in questi panni, proprio perché costituiscono la nostra identità profonda.
Ma il rischio è di mettere sempre il bene dell'altro davanti al proprio.
🍃 La cosa importante è diventarne consapevoli...in modo da riconoscere quando è il caso di scendere dall'ambulanza, togliersi la divisa, e prendere per mano quel bambino bisognoso che vive da sempre dentro di noi.
Il resto del mondo se la caverà, anche senza di noi.
Specchio specchio delle mie brame
A volte succede di pretendere troppa "perfezione".
Guardiamo la nostra immagine allo specchio e vorremmo incontrare una persona bella, performante, simpatica, forte, che non sbaglia, capace in tutto ciò che fa.
Ma quello che troviamo è solo una persona che delude le nostre aspettative, mai all'altezza dei nostri desideri.
In altri momenti invece ci sembra di intravedere l'essere perfetto che stiamo sognando, e per un attimo ci sentiamo felici e compiaciuti. Dopodiché il perfezionismo inizia subito a farci notare dove potremmo ancora migliorare, in cosa siamo ancora manchevoli... e così, non siamo davvero mai contenti.
A volte succede di pretendere troppa "perfezione".
Guardiamo la nostra immagine allo specchio e vorremmo incontrare una persona bella, performante, simpatica, forte, che non sbaglia, capace in tutto ciò che fa.
Ma quello che troviamo è solo una persona che delude le nostre aspettative, mai all'altezza dei nostri desideri.
In altri momenti invece ci sembra di intravedere l'essere perfetto che stiamo sognando, e per un attimo ci sentiamo felici e compiaciuti. Dopodiché il perfezionismo inizia subito a farci notare dove potremmo ancora migliorare, in cosa siamo ancora manchevoli... e così, non siamo davvero mai contenti.
🌷 Quando succede il mio invito è di guardarsi dritto negli occhi, aprire le labbra in un bel sorriso, e sperimentare un senso di tenerezza nei propri confronti. Come se si avesse davanti un vecchio amico che non vediamo da molto tempo, che ne ha passate tante, e a cui vogliamo un gran bene.
Quella persona che vediamo ce la sta mettendo tutta per vivere come vorremmo, va bene esattamente così com'è.
È talmente unica e autentica che meriterebbe un fiore ogni volta che la guardiamo.
Proviamo ad amare ed onorare la sua umana e meravigliosa "imperfezione".
Che succede quando sei solo?
"La solitudine è come una lente di ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo" (Giacomo Leopardi).
Ti capita ogni tanto di trovarti completamente solo? Magari senza grandi impegni da fare?
Come ti senti?
"La solitudine è come una lente di ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo" (Giacomo Leopardi).
Ti capita ogni tanto di trovarti completamente solo? Magari senza grandi impegni da fare?
Come ti senti?
La solitudine a volte spaventa e facciamo di tutto per non incontrarla...vedendo persone, lavorando con gli straordinari, buttandoci in mille attività.
Perché stare soli vuol dire incontrare davvero noi stessi: guardare in faccia le nostre vere emozioni, buttando via la maschera che ci fa sentire invincibili. 👀
🔼Ci vuole una certa dose di coraggio. Perché a volte fa proprio paura affrontare quello che sentiamo.
🔼Ci vuole una certa pazienza ad ascoltare i soliti pensieri, che da anni scorrono dentro di noi. Vorremmo soltanto romperlo completamente quel "disco rotto"!
🔼 Ci vuole un certo amore per dedicarsi alla persona che siamo. Abbracciarla stretta è ciò che di più dolce possiamo fare a noi stessi.
🔼Ci vuole un po' di autoironia, per sdrammatizzare i macigni che ci portiamo. Imparando a guardarci con più simpatia e leggerezza.
E così...possiamo buttarci di nuovo nel flusso, in mezzo agli altri, nel caos della vita, ma lo faremo ricaricati dell'amore della persona più importante: noi stessi.
Quelle gocce che ti rendono vivo
Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Ti ricordi il motivo?
E come hai gestito quel momento?
Vien difficile "concedersi" di piangere...facciamo di tutto per trattenerle dentro quelle lacrime.
Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Ti ricordi il motivo?
E come hai gestito quel momento?
Vien difficile "concedersi" di piangere...facciamo di tutto per trattenerle dentro quelle lacrime.
Lacrime di dolore, tristezza, rabbia, disperazione, preoccupazione.
È l'orgoglio a fermarci? Oppure la paura di quanto potremmo stare male una volta lasciata la presa?
Eppure quando finalmente ce lo concediamo, e il viso inizia a riempirsi di acqua, iniziamo subito a stare meglio.
Quanto è liberatorio piangere! 💦
Lascia andare...prenditi cura dell'emozione che fa scatenare quelle gocce che ti rendono vivo.
Non importa se c'è qualcuno ad asciugarti il viso, ciò che conta è che ci sei tu, vivo, intero, emozionato, e pronto ad accogliere con amore la parte più vulnerabile del tuo cuore. 💙
Una lunga ma indispensabile formazione
Sapete qual è la strada da compiere per divenire uno psicologo in Italia? Quanti anni pensate che servano?
Forse non lo immaginate, ma il percorso di formazione di uno psicologo è molto simile a quello di un medico.Ebbene si...chi sceglie questa strada ha davanti a sè delle tappe ben precise, simili alla medicina.
Sapete qual è la strada da compiere per divenire uno psicologo in Italia? Quanti anni pensate che servano?
Forse non lo immaginate, ma il percorso di formazione di uno psicologo è molto simile a quello di un medico.
Ebbene si...chi sceglie questa strada ha davanti a sè delle tappe ben precise, simili alla medicina.
Dopo i 5 anni di università, lo aspettano:
✅un anno intero di tirocinio gratuito (1000 ore totali, come un lavoro vero e proprio ma purtroppo non retribuito)
✅l'esame di stato, che consiste in 3 prove scritte (che vertono sia su aspetti teorici, che pratici di questo lavoro), più un colloquio orale finale (quasi come un secondo esame di maturità praticamente!)
✅superato l'esame può iscriversi all'albo ufficiale, e così iniziare a lavorare come psicologo.
Esiste un codice deontologico (esattamente come per i medici) formato da un insieme di regole da rispettare, pena l'espulsione dall'albo.
Ma non è finita qui, lo psicologo che a questo punto desidera diventare psicoterapeuta, per poter proporre veri e propri percorsi terapeutici, ha davanti altri 4 anni di scuola di formazione.
⏩Lo psicoterapeuta fatto e finito ha quindi alle spalle ben 10 anni di studio e tirocinio, proprio come un medico che si è appena specializzato.
D'altronde per poter essere un vero professionista della salute mentale, così come per quella fisica, occorrono anni e anni di studio e lavoro.
Sui siti internet degli ordini degli psicologi delle varie regioni d'Italia potete accertarvi che il professionista a cui vi state affidando sia davvero iscritto all'albo e in regola per esercitare.
Qui i colleghi della Lombardia: www.opl.it
Lo psicologo è per i "pazzi"?
Che parole ti vengono in mente se dico "psicologo"?
Forse...«Pazzo», «matto», «esaurimento nervoso»?
Che pensieri ti vengono all'idea di "andare dallo psicologo"?
Forse...«Non è roba per me, io non ne ho bisogno», «che vergogna chi ci deve andare», «lasciamoci andare i matti»?
Ad oggi sono ancora molte le persone che si chiudono con rigidità di fronte alla figura dello psicologo.
Che parole ti vengono in mente se dico "psicologo"?
Forse...«Pazzo», «matto», «esaurimento nervoso»?
Che pensieri ti vengono all'idea di "andare dallo psicologo"?
Forse...«Non è roba per me, io non ne ho bisogno», «che vergogna chi ci deve andare», «lasciamoci andare i matti»?
Ad oggi sono ancora molte le persone che si chiudono con rigidità di fronte alla figura dello psicologo.
Non si ha vergogna di andare dal medico per farsi curare un qualsiasi malanno, mentre sale l'imbarazzo anche solo al pensiero di potersi rivolgere a lui.
--> Ritengo invece che praticamente tutti ne avremmo bisogno. 👆
Non solo in quei momenti della vita in cui stiamo male...ma anche quando stiamo bene, per aumentare il nostro stato di benessere in modo attivo e costruttivo.
Per conoscerci meglio, diventando più consapevoli di come funzioniamo, e del perché negli anni siamo arrivati a funzionare proprio in questo modo.
Per scoprire quanto è bello e prezioso avere un professionista che davvero ci ascolta, che si appassiona della nostra vita, che ci dedica un tempo e uno spazio tutti per noi.
Lo psicologo è quindi per i «pazzi»?
Tutt'altro.
È per i coraggiosi, per i curiosi, per gli esploratori di sè stessi, per chi si considera il vero "autore" della sua vita e fa di tutto per renderla ancor più meravigliosa. 🌻
Se ne avrete l'occasione, vi consiglio di approfittarne, senza paura nè vergogna.
Come sollevare una critica senza scannarsi
Nelle relazioni sociali che viviamo ogni giorno può capitare di imbatterci in un comportamento o modo di fare di qualcuno che proprio non possiamo sopportare.
Il collega che a nostro parere sta svolgendo male un compito, il figlio che lascia sempre le sue scarpe in giro per la casa, il consorte che si mette a guardare lo smartphone mentre siamo a tavola con lui, il vicino di casa che tiene la musica troppo alta...
E allora...come fare per dirglielo senza litigare? Come possiamo far valere il nostro punto di vista senza diventare aggressivi?
Nelle relazioni sociali che viviamo ogni giorno può capitare di imbatterci in un comportamento o modo di fare di qualcuno che proprio non possiamo sopportare.
Il collega che a nostro parere sta svolgendo male un compito, il figlio che lascia sempre le sue scarpe in giro per la casa, il consorte che si mette a guardare lo smartphone mentre siamo a tavola con lui, il vicino di casa che tiene la musica troppo alta...
E allora...come fare per dirglielo senza litigare? Come possiamo far valere il nostro punto di vista senza diventare aggressivi?
La "comunicazione" è una abilità umana che si predispone alla modifica e al miglioramento, se solo ci rendiamo conto di quanto possiamo davvero fare per migliorarci e ci applichiamo con impegno. Quindi la bella notizia è che tutti noi possiamo imparare come sollevare una critica a qualcuno senza per forza scannarsi.
Come abbiamo già visto in un precedente post , esistono tre modi di comunicare: passivo - aggressivo - assertivo.
La modalità vincente per dare voce alla nostra critica senza passare noi dalla parte del torto è assumere una comunicazione assertiva. Vediamo che cosa significa.
Innanzitutto è necessario prendere atto della nostra tensione, rendendoci conto di quale emozione negativa (frustrazione, rabbia, delusione, ecc...) ci sta suscitando quel particolare comportamento, respirandoci dentro per qualche secondo. In questo modo compiamo il primo grande passo: riconosciamo e accogliamo la nostra emozione, legittimandone l'esistenza, senza scaraventare in modo reattivo la tensione sul malcapitato davanti a noi.
Importante quindi è prendersi sempre un po' di tempo per stare con sé stessi, dando voce a ciò che sentiamo, per poi decidere che cosa farcene. Altrimenti se non abbiamo noi chiaro che cosa sentiamo sarà impossibile comunicarlo bene all'altro!
A questo punto prima di aprire bocca ci sono ancora alcune domande che è utile porsi:
- Qual'è il vero obiettivo che voglio raggiungere con questa critica? Litigare, o c'è un bisogno più profondo sotto? (Nel caso del consorte assorto dal telefonino, potrebbe essere ricevere maggiormente la sua attenzione)
- E' il momento giusto per comunicare? A volte è più saggio aspettare un secondo momento (ad esempio quando si è da soli senza altre persone attorno)
- Sono emotivamente ben disposto? Se l'emozione che sento è troppo "calda" da non riuscire a farmi usare in modo lucido la testa, è più saggio allontanarmi e riprendere la comunicazione più tardi.
- L'altra persona è emotivamente ben disposta? Nello stesso modo, è bene assicurarsi che l'altro non sia troppo su di giri, altrimenti l'insuccesso è assicurato. Meglio chiedere un secondo confronto più tardi.
E' ora giunto il momento di aprire bocca per sollevare la nostra critica in modo costruttivo.
Proviamo a seguire queste indicazioni mentre lo facciamo:
- Critica il comportamento non la persona. Se dici al consorte "non mi guardi mai in faccia mentre mangiamo, sei un egoista" la persona si sentirà giudicata, offesa, e come reazione si metterà sulla difensiva. Se invece dici "quando guardi lo smartphone a tavola mi sento esclusa dal tuo mondo" stai parlando del suo comportamento che ti ferisce, senza giudicare nessuno.
- Chiedi all'altro se condivide la percezione del problema e ascolta bene la sua risposta. A volte abbiamo invece l'istinto di chiudere le orecchie per far valere la nostra idea, costi quel che costi.
- Parla in prima persona. Dire "io mi sento esclusa" esprime soltanto un tuo stato d'animo, l'altro non potrà che prenderne atto senza sentirsi attaccato. Dire "tu mi escludi" punta il dito addosso all'interlocutore che cercherà subito il modo di difendersi o giustificarsi.
- Parla in modo chiaro e diretto. Evita allusioni o sottintesi, non porteranno da nessuna parte.
- Affronta una questione alla volta. Semplifica la comunicazione, ci sarà tempo per affrontare anche le altre questioni.
- Fai precedere la critica da un apprezzamento. Siamo tutti meglio disposti ad aprirci quando ci sentiamo visti e riconosciuti. Quindi partire da un'osservazione positiva aiuterà ad affrontare meglio l'osservazione negativa.
Non serve a nulla usare un atteggiamento aggressivo e agonistico verso l'altro se si vuole arrivare a un cambiamento, piuttosto è utile ricercare la sua collaborazione, affinché dalla critica sollevata si possa arrivare ad un accordo condiviso insieme.
E' chiaro che l'istinto iniziale è quasi sempre quello aggressivo, ma in quanto "animali sociali" siamo capaci di fermarci per aspettare un momento migliore, e modificare concretamente il nostro modo di comunicare se ci impegniamo.
Spero che dopo questo articolo vi venga voglia di provare a sperimentarvi!
E se le prime volte non andrà così bene, provateci e riprovateci ancora...rimanete curiosi di voi stessi, e scoprirete tante risorse che non credevate di avere.
E' fondamentale modificare la nostra comunicazione se vogliamo aumentare la probabilità che anche l'altro comunichi bene con noi.
Antonio Tosi
Mamma, ho bisogno di te!
Fin dai primi istanti di vita i bambini hanno bisogno di un adulto che si prenda cura di loro, per la legge della sopravvivenza, altrimenti non ce la farebbero da soli.
In questo siamo molto simili agli animali.
Ma come si sviluppa esattamente il legame di attaccamento tra mamma e bambino?
(Dico mamma per comodità, ma si intende il principale adulto di riferimento del bambino)
Fin dai primi istanti di vita i bambini hanno bisogno di un adulto che si prenda cura di loro, per la legge della sopravvivenza, altrimenti non ce la farebbero da soli.
In questo siamo molto simili agli animali.
Ma come si sviluppa esattamente il legame di attaccamento tra mamma e bambino?
(Dico mamma per comodità, ma si intende il principale adulto di riferimento del bambino)
Attraverso queste tappe evolutive:
👶Da 0 a 3 mesi:
Il neonato emette segnali di pianto, sorriso, aggrappamento rivolti in modo parzialmente indifferenziato agli adulti (non esclusivamente alla mamma) per incentivare il contatto e la vicinanza. Nonni, zii, papà, amici e parenti possono essere fonte di rassicurazione per il neonato bisognoso di cure.
👶Dai 3 ai 6 mesi:
Inizia a privilegiare la mamma come figura di attaccamento. La usa come fonte di rassicurazione in condizioni di stress e a lei si rivolge prevalentemente.
👶Dai 6 mesi ai 3 anni:
È a tutti gli effetti la sua base sicura per l'esplorazione del mondo e il suo consolatore preferito quando non sta bene. Quando la mamma se ne va manifesta reazioni particolari alla sua separazione. Il legame di attaccamento è ora strutturato e quindi prevedibile dal bambino, che sa cosa aspettarsi da quella particolare mamma.
Clicca per leggere un altro post sull'attaccamento tra mamma e bambino.
Come va? Come stai?
Quante volte ci sentiamo dire queste due domande, e quante volte le chiediamo a chi incontriamo sulla nostra strada?
Probabilmente molto spesso.
Parenti, conoscenti, amici, sconosciuti...ogni giorno li incontriamo, e scambiamo con loro brevi conversazioni che cominciano spesso proprio con queste parole. 👥
Purtroppo però quando ci limitiamo a rispondere "bene, grazie, e tu?", e l'altro risponde "bene anche io, grazie", una bella occasione viene persa.
Stiamo davvero sempre così "bene" come dichiariamo al mondo?
Quante volte ci sentiamo dire queste due domande, e quante volte le chiediamo a chi incontriamo sulla nostra strada?
Probabilmente molto spesso.
Parenti, conoscenti, amici, sconosciuti...ogni giorno li incontriamo, e scambiamo con loro brevi conversazioni che cominciano spesso proprio con queste parole. 👥
Purtroppo però quando ci limitiamo a rispondere "bene, grazie, e tu?", e l'altro risponde "bene anche io, grazie", una bella occasione viene persa.
Stiamo davvero sempre così "bene" come dichiariamo al mondo?
Magari male non stiamo, ma non è riduttivo e semplicistico definire "bene" le mille sfumature che assume il nostro sentire ogni giorno?
Sprechiamo così diverse occasioni per aprirci, raccontare un pezzetto di noi a chi ci sta accanto, incuriosirci delle storie altrui.
A volte è la corsa contro il tempo che ci fa chiudere così in fretta...altre volte le nostre difese restituiscono al mondo un'immagine positiva di noi anche quando in realtà così bene non stiamo!
La prossima volta che scambieremo queste battute con qualcuno proviamo allora a fermarci un attimo, dedichiamo la nostra attenzione all'essere umano che abbiamo di fronte...scavalchiamo le nostre e altrui difese aprendo il viso, raccontandoci e perdendoci nei racconti dell'altro. 🌻
E che la magia dell'incontro possa davvero avere inizio...
Una comunicazione vincente
Esistono 4 regole basilari che dovremmo tutti rispettare quando siamo immersi in una conversazione con qualcuno.
Sono le cosiddette "massime conversazionali" enunciate dal filosofo Grice negli anni '70, ancora valide e attuali.
Notiamo quali tra queste stiamo rispettando e quali no, mentre saremo impegnati nella prossima conversazione
Esistono 4 regole basilari che dovremmo tutti rispettare quando siamo immersi in una conversazione con qualcuno.
Sono le cosiddette "massime conversazionali" enunciate dal filosofo Grice negli anni '70, ancora valide e attuali.
Notiamo quali tra queste stiamo rispettando e quali no, mentre saremo impegnati nella prossima conversazione:
🔼Qualità: sii veritiero e produci prove per quello che dici (in pratica, non dire bugie)
🔼Quantità: sii succinto, ma completo (in pratica, non essere logorroico)
🔼Pertinenza: sii pertinente all'argomento della conversazione (in pratica, non passare di palo in frasca)
🔼Modo: sii chiaro e segui un ordine (in pratica, evita troppi giri di parole che possono confondere e farti risultare ambiguo)
Un buon esercizio ci può rendere degli abili comunicatori, proviamoci!
Articoli curati dalla Dott.ssa Sara Citro, Psicologa, Psicoterapeuta ed insegnante Mindfulness.